LE SUPERFICI PERCETTIVE (su-per) NUOVI STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE E RIEDUCAZIONE DEL TRONCO

Negli ultimi anni, i classici approcci terapeutici utilizzati nella rieducazione delle patologie vertebrali, si sono dimostrati incompleti e troppo analitici, di fronte all’ introduzione del concetto di organismo come integrazione funzionale di più sistemi . La visione meccanicistica in cui generalmente si considera come causa della patologia un solo elemento, viene superata in favore di un ottica sistemica in cui il corpo è un fluire di relazioni tra le sue parti costitutive e il mondo esterno, e il suo vissuto personale fondamentale nei rapporti che si intrattengono con lo spazio.

Da diversi anni si parla di Superfici Percettive come un nuovo strumento terapeutico utilizzato nella rieducazione del tronco, nelle patologie con interessamento del S.N.C. e nei disturbi dell’ assetto vertebrale, in particolare per affrontare il problema del dolore nelle più comuni patologie vertebrali: nelle lombalgie e nelle lombosciatalgie anche da ernia del disco, patologie che in fase acuta lasciano poco spazio a strategie diverse dall’ pplicazione di provvedimenti antalgici, decontratturanti e disinfiammatori.

Le Superfici Percettive (su-per) nascono dall’ elaborazione della Teoria Cognitiva per cui l’ intervento riabilitativo ha come scopo quello di recuperare le proprietà emergenti del sistema corpo, tra cui la principale è interagire col mondo per conoscerlo e dargli un senso. In quest’ ottica le superfici propongono dei compiti percettivi, che ovviamente richiedono l’ integrità di alcuni processi cognitivi, quali la percezione e l’ attenzione.

Dunque ottenere un apprendimento, grazie all’ esperienza, in grado di attuare delle modificazioni nel comportamento dell’ uomo.Questo ausilio prende anche spunto dalla Teoria ecologica secondo cui gli stimoli che giungono ai recettori periferici sono informazioni che producono una percezione immediata, consentendo al tronco di utilizzare l’ afferenza direttamente come informazione. Quindi il contesto, o meglio il .flusso di informazioni che non vengono elaborate, va ad agire su sistemi distanti dalla nostra coscienza che automaticamente si auto-organizzano. Tuttavia, nonostante queste teorie siano alla base della modalità di applicazione, per affrontare la patologia vertebrale è necessario ripristinare l’ importanza funzionale del tronco e delle sue relazioni con il mondo esterno e con il sè: il sistema tronco in tutte le sue relazioni, con tutti i suoi parametri di riferimento, è sempre alla ricerca di un equilibrio. Un equilibrio difficile da mantenere se consideriamo quei meccanismi, spesso sottovalutati, che invece in un approccio sistemico rivestono notevole importanza nel modulare il suo interagire con il mondo esterno, per esempio la coscienza. Questo fa del tronco un sistema complesso che facilmente perde il contatto con lo spazio, e si auto-organizza con la progressiva perdita di funzione. Qualsiasi sia la patologia, dal neurologico alla patologia vertebrale, le

modalità con cui si esprime la crisi sono del tutto simili: il tronco perde la sua capacità di raccogliere informazioni e di partecipare in modo dinamico e variabile al gesto, costretto a rispondere in maniera riflessa, primitiva, meno qualitativa.

Si crea perciò una de-afferentazione del sistema in cui la proposta dell’ interazione tra il tronco del paziente ed il contesto percettivo d’ appoggio, creato dal terapista per mezzo di piccole spugne in lattice di altezza ed elasticità variabili, rappresenta l’ elemento significativo della terapia. Le afferenze tattili e pressorie, generate dal contatto con le superfici, giungono a tutti i livelli del S.N.C., e sono quindi in grado di evocare risposte

volontarie ed automatiche. Dalla stimolazione dei recettori sensoriali dunque parte un input multisensoriale che raggiunge le rappresentazioni locali corticali, dando la possibilità di riconoscere la posizione e la consistenza della superficie In stretta relazione con un’ altro parametro fondamentale, la forza di gravità, alla fine del processo percettivo le regioni corticali interagiscono tra loro ricostruendo una rappresentazione globale dei punti d’ appoggio corporei.

Si comprende allora, che lo scopo principale delle Su-Per è quello di fornire informazioni al tronco in fase rieducativa, perchè il sisema ha bisogno di essere “riafferentato”, ri-offrendo informazioni ai meccanocettori e ai recettori posti a livello dei muscoli e delle capsule articolari. Attraverso questo lavoro sull’ interazione tra informazione e postura si determina un riapprendimento del sistema. Le Superfici Percettive possono essere utilizzate per creare un contesto percettivo d’ appoggio, come riferimento, sul quale il S.N.C. riorganizza in modo totalmente automatico la sua attività: le superfici singolarmente possono essere utilizzate come superfici di “segnalazione” poste sotto un tratto vertebrale del paziente, così da fornire un riferimento cosciente su cui il S.N.C. riorganizza la sua funzione motoria. E’ possibile quindi focalizzare l’ attenzione del paziente su determinate zone corporee, inducendo ad attuare prima, durante e dopo il movimento, un controllo motorio a feed-back.

Le strategie terapeutiche dipendono dal livello di conservazione delle Funzioni Cerebrali Superiori da parte del paziente. Un grado sufficiente di comunicazione, una discreta sensibilità tattile e cinestesica a livello del tronco e del bacino, la capacità di eseguire compiti elementari, sono tutti elementi che consentono l’ organizzazione di semplici movimenti.Questo nuovo approccio terapeutico è costituito da elementi in lattice di forma, altezza, e consistenza differente, offrendo la possibilità di disporre le superfici secondo altezza e grado di elasticità in modo variabile a seconda del dolore, della morfologia della colonna del paziente, e del programma terapeutico, lasciando ampio spazio al terapista per creare un contesto percettivo corrispondente al paziente, di volta in volta diverso,

e parzialmente modificabile durante il trattamento. La disposizione delle super sul supporto scelto per l’ applicazione è creata utilizzando le seguenti variabili terapeutiche:

_altezza delle superfici: in modo da seguire se necessario, il profilo delle curve rachidee per mantenere sempre il contatto con il paziente;

_modulo di elasticità alla compressione del materiale costituente le su-per: in base alla loro consistenza e al loro grado di compressione le super.ci generano delle pressioni variabil. La velocità con cui variano la pressione durante la compressione è differente a seconda della memoria. Il paziente può non considerare il contesto evitando di prendere contatto con le superfici, ma è proprio il contesto a dover essere disposto in modo tale da non permettere che il paziente evada;

– disposizione delle superfici: la creazione del contesto deve essere eseguita in funzione della Patologia, delle strategie di compenso attuate dal paziente, delle risposte oggettive osservate e quelle soggettive fornite dal paziente durante l’ applicazione;

– il vincolo del contesto: il paziente è costretto a considerare il vincolo dato dalle superfici, ciò significa che tanto maggiore è il carico tanto più il paziente potrebbe evitare di prenderci contatto e non considerarne il contesto;

– grado di contatto con la superficie corporea: le superfici possono essere a contatto diretto o indiretto con la cute e possono essere più o meno sollecitate dal peso del paziente.

Le Superfici sono state utilizzate in ambito terapeutico con varie finalità:

– rendere consapevole il paziente della posizione dei propri segmenti corporei tramite la percezione corporea delle superfici d’appoggio, le afferenze propriocettive, indicazione della linea mediana;

– aumentare la soglia del dolore come processo di adattamento che il S.N.C. attua per gestire l’ enorme carico di informazioni fornito dal contesto;

– modificare il tono muscolare attraverso un meccanismo automatico dato dalla percezione di una sensazione piacevole o fastidiosa, ma soprattutto creando un contesto variabile da esplorare in cui l’ attività cognitiva svolge un ruolo importante nella diminuzione del tono muscolare.

– ripristinare il flusso informazionale alterato dalla patologia attraverso il contesto percettivo.

Le Superfici Percettive vengono principalmente applicate al lettino e alla sedia, ovviamente sempre in funzione del programma terapeutico, e delle caratteristiche del quadro patologico. Per la scelta del supporto infatti si considerano tre parametri significativi nella costruzione dello schema corporeo posturale: verticale gravitazionale, orizzonte visivo e linea mediana.

La scelta del sussidio e la creazione del contesto vengono effettuate in funzione della patologia, delle strategie di compenso attuate dal paziente, delle risposte oggettive osservate e quelle soggettive fornite dal paziente durante l’ applicazione. Mentre nella riabilitazione neurologica le possibili applicazioni terapeutiche riguardano più che altro l’ utilizzo nella posizione seduta, nelle algie vertebrali è più indicato il lettino: in questo caso il paziente è invitato a sdraiarsi in posizione supina a ginocchia flesse sul contesto percettivo prescelto dal terapista.

Il trattamento terapeutico è suddiviso in una Fase Percettiva ed una Fase Attiva. La fase percettiva ha come scopo principale il recupero della capacità di raccogliere informazioni dalle superfici di appoggio del tronco dunque rendere consapevole il paziente della posizione dei suoi segmenti corporei. Si svolge una valutazione immediata del paziente in base alle sue prime sensazioni, ed è facile che emergano disordini percettivi.

Generalmente le alterazioni della percezione sono di tipo quantitativo in cui c’ è un’ esagerazione (iperalgesia) o diminuzione (analgesia) delle caratteristiche sensitive, e di tipo qualitativo, in cui il disturbo percettivo si caratterizza con la perdita di qualità dell’ informazione a livello dei recettori cutanei e dei propriocettori nelle aree interessate dal disturbo intervertebrale: questo caso riguarda infatti più spesso le patologie dolorose dove il paziente non percepisce le differenze tra le diverse superfici o le percepisce al contrario. Il primo obiettivo di questa fase riguarda la presa di coscienza delle superfici in cui il paziente per almeno cinque minuti deve rilassarsi per percepire le aree di appoggio. In questa fase non vengono assegnati compiti tanto meno esercizi respiratori. Infatti il paziente deve ottenere il massimo rilasciamento attraverso una respirazione libera e tranquilla. In questa fase inizia una strategia terapeutica molto importante, la verbalizzazione del paziente di tutte le informazioni e sensazioni che riesce a raccogliere. Poiché i disturbi dolorosi del tronco, dell’equilibrio e dell’assetto vengono molte volte espressi sotto forma metaforica (mi sento storto, non tocco, non mi sento la schiena, una gamba più corta, come una corrente, una pressione, un vuoto etc) durante la seduta che dura circa 20 minuti, il paziente ha modo di rilassarsi in un contesto confortevole, e di confrontarsi con le proprie percezioni.

Successivamente ha inizio l’ esercizio vero e proprio, consistente in un compito percettivo da verificare ed attuare in un crescendo di difficoltà graduali. Attraverso la respirazione si mette in condizioni il paziente di raccogliere informazioni stabilendo un contatto significativo con il contesto. Viene utilizzata prevalentemente un’ inspirazione libera, non forzata, per poi in fase espiratoria attuare uno schiacciamento del torace con mobilizzazione del tratto dorsale, ed una retro-versione del bacino, compiendo quindi una riduzione della lordosi lombare. Con questi piccoli movimenti il tronco entrerà in pieno contatto con il contesto percettivo e potrà confrontarne così le differenti consistenze, altezze anche rispetto alla linea mediana. Con l’ allungamento muscolare, ottenuto grazie alla respirazione, e con la diminuzione di tono muscolare, in risposta all’ attività cognitiva, avremo un aumento dell’ area d’ appoggio. Ovviamente se i disturbi percettivi erano stati evidenziati in modo sfumato all’ inizio del trattamento, ora con un appoggio maggiore saranno più forti. Nell’ eventualità che questi persistano non si potrà accedere alla fase successiva.

La fase attiva si propone come scopo il recupero della capacità del tronco di frammentarsi in elementi significativi per il compito. Infatti il compito percettivo-motorio di questa fase è lo spostamento dei segmenti corporei e il controllo del peso, parametri importanti nell’ organizzazione dei movimenti del tronco e del bacino.

Inizialmente la sollecitazione percettiva non potrà durare oltre i 30 minuti, ma si potranno prolungare gradualmente anche fino ai 60 su richiesta esplicita del paziente.

Nella fase finale si svolge la verifica dell’ interazione tra la superficie corporea del paziente e le superfici percettive: l’ interazione è testimoniata da piccoli segni rossi sulla cute corrispondenti alle zone di appoggio.

L’ osservazione accurata permette di confrontare le sensazioni riferite dal paziente durante il trattamento, e la reale interazione. Oltre alla verifica degli appoggi, l’ interpretazione di questi dati offre al terapista informazioni indispensabili per modificare il contesto percettivo in relazione alle esigenze del paziente e dimostrazione dei miglioramenti avvenuti.

Sebbene le Superfici Percettive, siano attualmente utilizzate in ambito riabilitativo, in patologie prevalentemente riguardanti il dolore vertebrale, ci è sembrato interessante mostrare un’ alta potenzialità di questo nuovo sistema terapeutico . Come spunto di riflessione abbiamo considerato quanto la percezione influisca su di un corretto rapporto con lo spazio, e di conseguenza nella sua più semplice esplicazione, il movimento. I dati emersi dalla valutazione hanno evidenziato una scarsa capacità percettiva e di frammentazione del tronco, portandoci ha suddividere il trattamento con le Su-Per in obiettivi volti a ripristinare alcuni parametri indispensabili per stabilire un corretto rapporto con lo spazio, e a garantire al tronco la possibilità di partecipare in modo variabile e dinamico, ottenendo una modificazione qualitativa nella raccolta di informazioni dal contesto:

I obiettivo: INDIVIDUAZIONE DELLA LINEA MEDIANA

II obiettivo: AUMENTO AREA D’ APPOGGIO

III obiettivo: ESPLORAZIONE DEL CONTESTO

LE SUPERFICI PERCETTIVE

Le Superfici Percettive rappresentano un sussidio riabilitativo pensato essenzialmente per la rieducazione del tronco, sia nelle patologie che coinvolgono il SNC, sia nei disturbi dolorosi del rachide, sia nelle problematiche connesse all’assetto ed alle posizioni obbligate, come nelle ulcere da decubito.

E’ innegabile che nell’elaborazione teorica di questo sussidio terapeutico abbia influito in maniera determinante il percorso di studio e collaborazione con i riabilitatori di orientamento cognitivista, e la conoscenza che da parte di diversi settori della Riabilitazione si tentavano e si tentano ancora percorsi, ipotesi, strategie simili.

Lo studio, che si è approfondito negli anni novanta, delle rappresentazioni corticali del tronco, ( Manzoni, Conti, Caminiti, Lacquaniti ed al ) dell’importanza della linea mediana ai fini della percezione e rappresentazione del se’ e dello spazio esterno, ( Manzoni, Berthoz ) sulla capacità di modificare l’assetto posturale da parte delle afferenze tattili a partenza dal tronco, in passato misconosciute, ( in Lacquaniti ) hanno permesso che si arrivasse ad elaborare un sistema terapeutico basato sul contatto fra il tronco del paziente ed un contesto percettivo variabile ( le superfici ).

Il paziente può quindi essere posto davanti ad un compito percettivo, che richiede per questo l’integrità di alcuni processi cognitivi, quali l’attenzione e la percezione, nonchè la possibilità di interagire attivamente con la superficie di contatto.

Secondo queste modalità operative si sfrutta la potenzialità di un contesto di superfici variabili e multiple, per esempio per collegare i diversi segmenti vertebrali in compiti di complessità crescente, ricostruendo le relazioni intrasistemiche ( frammentabilità ) momentaneamente assenti, e che rappresentano proprio una delle caratteristiche di un sistema in crisi.

Crediamo che si possano elaborare e verificare ipotesi nei confronti di un immagine motoria alterata od impoverita, attraverso esercizi di imaginazione e verifica delle percezioni multiple in arrivo, probabilmente utilizzando la respirazione come aiuto al momento della sintesi percettiva.

A proposito di percezione è da ricordare ancora una volta che i sistemi sensoriali hanno un’organizzazione tale che ogni popolazione di recettori periferici è rappresentata in modo sistemico ai vari livelli del SNC; ci sono perciò varie rappresentazioni locali, per esempio corticali, che decodificano un solo elemento dello stimolo. Ogni rappresentazione è legata ad una sensibilità specifica, quindi ci sono molte rappresentazioni del tronco, ma alla fine del processo percettivo le regioni corticali interagiscono tra di loro ricostruendo i vari aspetti percettivi in un unica percezione cosciente. Questa costituisce una rappresentazione globale dello spazio e del corpo percepiti, in stretta relazione con la gravità, con il movimento, con l’orizzonte visivo. Dall’elaborazione centrale della sintesi percettiva ogni individuo ottiene una rappresentazione interna di sé, del suo corpo, in continuo cambiamento secondo il fluire delle afferenze. La sua esistenza garantisce la coscienza della propria unità, la consapevolezza della propria posizione: di questa rappresentazione fa parte la costruzione della verticale mediana soggettiva, che è il prodotto di tre invarianti, cioè di tre riferimenti assoluti. Il primo è la verticale gravitazionale, ( Berthoz ) che si ottiene dalle afferenze di gravicettori viscerali, ( Mittelstaedt 1996 ) recettori cutanei, tendinei e muscolari, per mezzo dei quali percepiamo il movimento ( o l’immobilità ) del corpo o di un arto rispetto alla forza di gravità, così come viene percepita dagli otoliti vestibolari. Il secondo riferimento è quello visivo, che diventa prevalente in assenza di gravità, come hanno dimostrato gli esperimenti spaziali, ( Berthoz ) e durante l’ età evolutiva ( Puccini, Bilancia1989 ). Il terzo è il riferimento alla linea mediana anatomica ed alle sue rappresentazioni corticali ( Manzoni 1993 ).

Il SNC sceglie poi il sistema di riferimento migliore ( più rapido, più economico, più accurato? ) di volta in volta, “pescando” nella sintesi multisensoriale afferente.

L’importanza della linea mediana emerge anche dagli studi di Karnath sulla neglect syndrome, dove essa sembra costituire una sorta di “ancora” di riferimento per l’orientamento del corpo nello spazio e rispetto alle due lateralità. Le informazioni tattili e pressorie a partenza dal tronco, in particolare dal dorso, sembrano avere una certa importanza nella costruzione dei riferimenti gravitari ( Lacquaniti 1997 ) e determinare alterazioni nella percezione della verticale se evocate in maniera asimmetrica su una larga superficie cutanea. Le informazioni propriocettive somatiche hanno mostrato ( Gordon et al. 1995 ) un ruolo importante nel mantenere e ricalibrare continuamente i modelli interni del movimento. Da studi compiuti su soggetti seduti, Hirschfeld e Forssberg ( 1994 )hanno concluso che modificazioni posturali in corso di movimenti del bacino erano causati da segnali somatici provenienti dal bacino stesso piuttosto che dal vestibolo. H. Mittelstaedt ( 1996 ) ha evidenziato dei gravicettori somatici posti nel tronco, e più precisamente nei reni e nei grossi vasi sanguigni, ma già Henning ( 1994 ) aveva enfatizzato il ruolo dei gravicettori viscerali nella percezione della posizione del corpo, sottolineando l’effetto-risonanza delle masse viscerali sottoposte a stress dinamici e vibratorii.

Infine Lackner ha mostrato, per mezzo di una macchina ruotante, come soggetti distesi orizzontalmente, che girano a velocità costante seguendo un asse di rotazione perpendicolare alla gravità terrestre, siano in grado di percepire perfettamente la direzione della rotazione, ad occhi aperti e con la luce. Ma quando la luce viene spenta, mancando le afferenze visive, i soggetti possono far riferimento soltanto agli otoliti ed alla pelle. Infatti, poichè la velocità angolare è costante, la risposta dei canali semicircolari si spegne dopo 20 secondi, e dal vestibolo può giungere soltanto l’individuazione dell’angolo in rapporto alla gravità, data dagli otoliti. A questo punto basta manipolare le informazioni tattili per modificare completamente la percezione dell’orientamento del corpo. Infatti se si pratica una pressione sui glutei, i soggetti percepiscono di stare seduti su una sedia girevole, se si preme loro il capo, hanno l’impressione di un movimento conico il cui vertice è il cranio. In altre parole il SNC attribuisce all’area di contatto il punto d’appoggio che determina il centro di rotazione percepito: le informazioni tattili costituiscono in questo caso il sistema di riferimento in base al quale si effettua la rotazione.

Sistemi patologici e sistemi terapeutici

Tornando a quanto esposto sul fenomeno dell’auto-organizzazione dei sistemi patologici, da osservazioni raccolte sul campo abbiamo notato come, nello studio del movimento umano in condizioni patologiche, si possano tracciare dei quadri clinici abbastanza omogenei. Ci sembra di poter sintetizzare la risposta dei sistemi alle situazioni di crisi in due modalità fondamentali, spesso coesistenti in momenti diversi dello stesso quadro nosologico: Difesa e Isolamento.

Difesa

E’ in genere la prima fase della risposta dei sistemi ad uno stress acuto. Ne ricapitoliamo brevemente le tappe. All’origine vi è il danno strutturale, una lesione tessutale non riparabile per mezzo dell’intervento immediato di sottosistemi omeostatici, ma, probabilmente, anche il serio, fondato pericolo di un danno del genere. Così, ritornando al tronco, non c’è bisogno di arrivare ad una lesione discale conclamata ( spesso peraltro irrilevante ai fini clinici ) per scatenare la reazione difensiva del sistema, ma sarà sufficiente una scorretta informazione di tipo somestesico o chinestesico, aggravata prima o poi dal messaggio dolore . Non vorremmo in questo caso enfatizzare gli aspetti organico-lesionali delle patologie vertebrali, discutibili e infatti discussi ormai anche a livello chirurgico come fattori eziologici fondamentali, come pure dare troppo risalto a modeste alterazioni posturali, che raramente sono in grado da sole di provocare risposte sistemiche alterate. Una scoliosi idiopatica di grado modesto, una differenza di lunghezza degli arti inferiori, uno slivellamento del bacino di qualche millimetro sono nell’adulto molto ben compensate e conosciute, ed i sistemi di riferimento interni ed esterni ne tengono conto. Negli studi di Herman e Mixon ( 1985 ), insieme ad uno scorretto accoppiamento delle informazioni somatiche e labirintiche, nell’ipotesi sulla genesi della scoliosi idiopatica figuravano anche modesti problemi di apprendimento. Per questo ci sembra a volte una perdita di tempo misurare con precisione maniacale le leggere differenze nell’assetto posturale del paziente. In realtà i sistemi di previsione e di preparazione dell’azione rispondono soltanto oltre una certa soglia di perturbazione, dato il loro alto grado di ridondanza quando si tratta di equilibrio, spazialità e regolazioni posturali, che sono, come ormai è riconosciuto, parametri pluri-rappresentati a diversi livelli del SNC. Pur essendo la vista uno dei parametri organizzativi più importanti, Aulisa ed al. non hanno trovato significative deviazioni vertebrali in un ridotto campione di persone mono-oculari. Molta meno omeostasi gli stessi sistemi mostreranno nei confronti di patologie coinvolgenti, per esempio, la mano e le sue funzioni.

Quando si parla delle patologie vertebrali non si può non parlare del ruolo del dolore nella generazione di comportamenti motori alterati, nè della sua potente azione deafferentatrice. Il suo messaggio invasivo salta ogni circuito, determinando lo scatenarsi di archi riflessi, di conseguenza il quadro difensivo si manifesta in tutta la sua imponenza. Ipertono, iperestesia cutanea, blocco articolare ne sono le conseguenze macroscopiche, perdita di qualità della percezione, perdita delle proprietà del sistema come la flessibilità e la frammmentabilità sono i fenomeni più importanti per la riabilitazione. L’annullamento o l’inversione delle curve vertebrali, l’incapacità del sistema nell’utilizzare le coordinate soma-centriche, il precoce manifestarsi di segni di degenerazione tessutale portano presto o tardi ad una cronicizzazione del disturbo, in cui i fenomeni descritti si susseguono “a cascata” auto-alimentandosi e così diventando un sistema patologico autonomo. A questo punto facilmente si assiste alla trasformazione in un quadro di isolamento .

La fase di isolamento si presenta in genere in tempi successivi, probabilmente quando il disturbo, nella sua auto-organizzazione, ha ormai cominciato a determinare dei cambiamenti nella struttura tessutale e nella rappresentazione mentale del paziente. La percezione è attenuata, vi è una zona di ipoestesia cutanea in corrispondenza del disturbo, a livello del tessuto muscolare si presenta un aumento della componente connettivale, con accorciamento cronico delle fibre. Il quadro di perdita della qualità, e quindi delle proprietà dei tessuti si riscontra fin all’interno del disco intervertebrale, il quale perde la tensione superficiale e quindi la funzione di ammortizzazione degli stress da carico .

In un contesto percettivo difensivo, in cui vi sono problemi di alterata percezione dei segmenti corporei, sia di tipo chinestesico che sensitivo, con aree iperalgiche ma con perdita delle sensibilità fini, il compito affidato alle superfici è quello di ristabilire un informazione corretta, senza aumentare il dolore. Verranno posizionate in corrispondenza delle zone dolenti ed ipertoniche le superfici più morbide ( memoria 0 ), mentre il contesto complessivo viene adattato alla posizione alterata del paziente, senza forzature ma rispettando gli atteggiamenti antalgici. Si cerca però, se possibile, di fornire da subito dei riferimenti, quali possono essere quelli della linea mediana. Il compito iniziale sarà solo di adattamento e confort, tenendo presente che stiamo trattando patologie acute come lombosciatalgie ribelli anche al trattamento farmacologico, normalmente quindi di pertinenza chirurgica. Soltanto in seguito daremo dei compiti percettivi, di valutazione e di collegamento di segmenti, sempre lavorando con il respiro, secondo noi un elemento irrinunciabile nel trattamento delle patologie del tronco. I rapporti fra tronco, colonna e respirazione sono noti e sfruttati da tutte le tecniche di rieducazione posturale, ( Kapandij, Ruggieri, Lowen, Meziéres, Souchard, Feldenkrais etc. ) il che non significa che siano perfettamente compresi e correttamente utilizzati. Dall’esperienza fatta anche in rieducazione respiratoria ci si è accorti che il paziente può usare il proprio respiro come elemento centralizzante l’attenzione e nello stesso tempo rilassante, permettendo di raggiungere in minor tempo gli obbiettivi previsti, primo fra tutti il lavoro sulle curve vertebrali. La prima alterazione dell’assetto vertebrale si manifesta costantemente a carico delle curve, e non c’è disturbo senza che si evidenzino problemi di riduzione od accentuazione delle lordosi e cifosi della colonna. Il persistere di questi segni anche dopo la scomparsa del dolore non ha un valore prognostico favorevole, significando un problema di percezione e distribuzione dei carichi in senso antero-posteriore. Le modificazioni che, nel corso del tempo vanno ad incidere sulla rappresentazione interna ( immagine motoria ) del paziente con rachialgia cronica, probabilmente riguardano anche questo tipo di informazioni gravitarie. In assenza di gravità, isolando momentaneamente le afferenze visive, l’uomo tende a disporsi con il tronco proiettato in avanti ( Berthoz ), con un aumento di tono dei flessori della caviglia. E’ quasi certamente la gravità il sistema di riferimento invariante, rispetto al quale si strutturano, o meglio si manifestano le curve nel corso dell’ontogenesi ( Spadini ). Non si può parlare di una vera strutturazione, salvo per l’angolo lombo-sacrale, il quale compare intorno ai 3 anni di età ( Kapandij ) dopo l’assunzione di una stabile stazione eretta: le altre curve sono comunque variabili e determinate dalle oscillazioni sagittali e dal tono di diversi gruppi muscolari in equilibrio. Si possono variare volontariamente le curve, entro certi limiti, come ben sanno i riabilitatori che si accostano a queste problematiche, determinando movimenti di auto-allungamento. Più difficile è chiedere al paziente di eliminare nello stesso tempo tutti i compensi che questa manovra mette in evidenza. Ma a noi non interessa evidenziare ed eliminare in maniera meccanica queste compensazioni, quanto piuttosto sottolineare la funzione di trasmissione di informazioni che le curve posseggono, ed in questa funzione i gruppi di fibre trasverso-spinali, le strutture recettoriali segmentarie, il diaframma e gli accessori spinali della respirazione svolgono un ruolo fondamentale, che va compreso ed utilizzato.

Portare l’attenzione sulla percezione, ristabilire l’informazione corretta e l’immagine interna alterata, recuperare le proprietà di frammentazione e di reclutamento segmentario del rachide, ripristinare i rapporti tra i segmenti e, last but not least, ridurre o eliminare il dolore, sono questi gli scopi che il “sistema terapeutico”, composto dal paziente, dal sussidio percettibile e dal terapeuta si pone nelle fasi successive del trattamento.

CARATTERISTICHE: Il sistema si basa sull’utilizzazione di cilindretti dotati ad una estremità di una superficie semisferica oppure conica, in lattice o altro materiale elastico, di altezza variabile da 3 a 7 cm. e di larghezza variabile tra 2 e 4 cm. chiamati con il nome di Superfici Percettive (SU-PER) Queste semisfere e coni smussati vanno posizionate a contatto della superficie corporea del paziente, in modo che la loro estremità superiore, corrispondente alla parte conica o sferica, entri in contatto diretto con il punto selezionato dal terapeuta. La base dei cilindri aderisce ad un supporto variabile (carrozzina, lettino etc), per mezzo di viti o stretch. La distanza tra i cilindri elastici non deve essere inferiore al centimetro né superiore ai 2 cm. Le semisfere o cilindretti smussati sono costruite in lattice o altro materiale dotato di elasticità diversa e variabile, per meglio dire di differente memoria, o indice di deperibilità, dal 40% al 100% secondo le specifiche industriali. Si intende per memoria la capacità del materiale di riprendere nel più breve tempo possibile la forma originale. Si è potuto constatare che una memoria inferiore al 40% non riesce ad essere significativa, perchè scarsamente percepita, raggiungendo appena una sufficiente azione antidecubito, mentre una memoria superiore all’80% diventa fonte di una eccessiva sollecitazione, la quale può divenire dolorosa. Al momento perciò le superfici maggiormente utilizzate sono quelle con memoria del 40%, del 60% e dell’80%.

Per riconoscere le diverse elasticità si ricorrerà a colori differenti ed a diverse numerazioni, per esempio la memoria del 40% corrisponde al colore giallo ed al numero 0, il 60% al numero 1 colore rosa, all’80% il numero2 colore blu.

OPERATIVITA’

Antidecubito l’azione anti-decubito è assicurata dalla variabilità delle superfici, dalla possibilità di disporle nel modo più opportuno per stimolare la circolazione nelle aree a rischio di decubito, dalla elevata circolazione d’aria garantita dalla distanza tra le superfici stesse, dalla possibilità, se il paziente è in grado, di praticare esercizi adatti alla prevenzione delle lesioni. L’applicazione delle SU-PER ai sistemi posturali come seggioloni polifunzionali modellati ne rappresenta finora una delle utilizzazioni più sperimentate, consistendo nella disposizione di Superfici semisferiche da 3 cm. di altezza e di tipo 0 (40% di memoria) direttamente sulle listelle polietileniche con cui è confezionato il seggiolone, il quale a sua volta è modellato, per mezzo di un calco, sul tronco e sul bacino del paziente. L’ indicazione è costituita dai casi clinici in cui sono presenti gravi disabilità e deformità strutturali gravissime. Il paziente di questo tipo è quasi sempre costretto ad un decubito obbligato, con alcuni punti d’appoggio soggetti per questo al rischio di ulcerazioni e piaghe da decubito. L’applicazione delle SU-PER alla totalità della superficie d’appoggio ed in particolare ai punti di maggior carico, come gibbi dorsali, deformazioni toraciche e pelviche, eseguita in maniera variabile per mezzo di diverse altezze e memorie, permette al paziente di porsi in modo certamente più attivo di fronte al problema delle lesioni da decubito, ed al terapeuta di lavorare anche nei confronti di funzioni vitali come la respirazione attraverso la variabilità e la modularità degli appoggi. Si prevede di estendere l’uso delle SU-PER ai pazienti allettati, medullolesi oppure in presenza di coma di vario livello, con le premesse di cui sopra, poichè un sistema attivo e variabile come questo permette senz’altro una migliore relazionabilità tra paziente ed ambiente esterno, oltre ad essere enormemente più economico rispetto ai tradizionali sistemi ad acqua o aria.

Esercizio su sistema posturale (seggiolone polifunzionale) Le strategie terapeutiche dipendono dal livello di conservazione delle Funzioni Cerebrali Superiori da parte del paziente. Un grado sufficiente di comunicazione, la capacità di eseguire compiti elementari, una discreta sensibilità tattile e chinestesica a livello del tronco e del bacino, sono tutti elementi che consentono l’organizzazione di semplici movimenti .

Se il setting riabilitativo non permette un livello di comunicazione sufficiente, le Su-Per consentono comunque una sufficiente azione anti-decubito e l’elaborazione, da parte del terapeuta, di un contesto percettivo adattato alla situazione del paziente.

Azione antalgica e di rilasciamento tale azione viene esplicata dalle Su-per attraverso la stimolazione di recettori cutanei e di tipo propriocettivo situati in profondità. Come è noto l’alterata scarica efferente in corso di disturbi vertebrali di tipo meccanico ed infiammatorio rappresenta una notevole componente del circuito patologico Contrattura muscolare-Disturbo intervertebrale-Dolore. La stimolazione passiva di punti trigger o punti reflessogeni per mezzo delle Su-per consente una riduzione dei fenomeni dolorosi e della componente ipertonica di difesa.

TIPI DI ESERCIZIO

Modo percettivo

Prescelta la regione cui applicare le SU-PER, il paziente viene invitato in un primo tempo unicamente a rilassarsi per almeno 5 minuti e percepire unicamente le aree d’appoggio, cercando di ottenere il massimo del rilasciamento, anche per mezzo di una respirazione libera e tranquilla. In questa fase non vanno assegnati compiti, né esercizi respiratorii. Successivamente ha inizio l’esercizio vero e proprio, consistente in un compito percettivo da verificare ed attuare in un crescendo di difficoltà graduali. In altre parole si chiede al paziente di percepire le differenti elasticità ed altezze delle superfici che il terapeuta dispone in corrispondenza delle aree d’appoggio, nonchè il loro numero. L’aspettativa a questo punto è che l’area d’appoggio sia aumentata per effetto del rilasciamento, e che emergano con facilità eventuali disordini percettivi. Tali disordini sono presenti in quasi tutti i quadri patologici motorio percettivi, e si presentano sotto i più vari aspetti. Nelle patologie dolorose quasi sempre vi è un disturbo qualitativo a livello sia dei recettori cutanei sia dei propriocettori nelle aree interessate, sulle proiezioni sensitive delle branche posteriori dei nervi spinali o sui dermatomeri corrispondenti al disturbo intersegmentario, spesso in presenza di iperestesia dolorosa cutanea.

Il disturbo percettivo si caratterizza per la perdita di qualità dell’informazione, che diviene poco differenziata. Il paziente non percepisce le differenze tra le diverse superfici o le percepisce al contrario, riferisce comunque minore sensibilità.

Nell’emiplegico i disturbi sono ancora più accentuati e sono stati oggetto di accurate analisi: noi riscontriamo quasi sempre tra i problemi percettivi a carico del tronco e del bacino la mancanza, l’alterazione o l’inversione fra i due lati della percezione del peso, che si manifesta con difficoltà nell’individuazione dei punti d’appoggio e della forma e consistenza delle superfici di contatto. Questi disturbi, che in genere sono riconducibili a problemi di tipo conoscitivo, si attenuano a volte abbastanza in fretta, ed insieme si assiste al miglioramento nel controllo del tronco e del bacino.

Nei casi in cui il paziente presenta una asimmetria del tronco, come nelle scoliosi idiopatiche o acquisite, la strategia del modo percettivo può sensibilmente variare. Il terapeuta dovrà inizialmente adattare le superfici alle curvature patologiche del tronco del paziente, usando però sempre il grado 0 anche se con altezze differenti. Si potrà mantenere una linea di superfici di grado diverso al centro, lungo le apofisi spinose oppure lungo la linea mediana, se l’esercizio si svolge a paziente prono. Ciò per due motivi: evitare in ogni modo stimoli che possano risultare dolorosi, rispettare la patologia ed i suoi compensi. Occorre infatti che inizialmente il contesto che il terapeuta propone non si contrapponga in modo astratto alla situazione specifica, in nome di un ipotetico “modo corretto” da somministrare tout-court al paziente: la situazione patologica rappresenta una forma di economia per il sistema motorio, che probabilmente è anche la migliore possibile nel contesto creato dalla crisi del sistema.

In un secondo tempo della terapia si agisce principalmente sul contesto patologico per destrutturarlo attraverso dei cambiamenti. Il terapeuta varia altezza e memoria delle Super, in modo graduale e stando ben attento a non provocare dolore. In tal modo cambiano le forze in gioco, la loro direzione e la loro qualità. In questa fase diventa molto importante il rilasciamento del paziente, l’attenzione c’è sempre ma va tenuta quasi a distanza, in alcun modo vanno provocate tensioni. I recettori maggiormente sollecitati sono quelli propriocettivi, muscolo-tendinei e fusali.

Modo attivo uso delle Su-per allo scopo di fornire compiti percettivo-motorii, come il riconoscimento delle diverse superfici, lo spostamento di segmenti corporei secondo un compito definito e verificabile, lo spostamento e il controllo del PESO. Quest’ultimo parametro è molto importante ai fini dell’organizzazione del movimento del tronco e del bacino. La ricerca del punto d’appoggio e la distribuzione del carico sono le funzioni organizzative sulle quali lavorare con le SU-PER. L’elaborazione di strategie motorie via via più complesse viene consentita dalla presenza di superfici percepibili, disposte in modo non casuale dal terapeuta. Nell’emiplegico ed in generale nelle patologie neurologiche caratterizzate da scarsa o nulla riorganizzazione motoria del tronco si deve agire con esercizi connessi alla distribuzione del carico ed all’esplorazione spaziale, anche per mezzo delle estremità. Per le problematiche vertebrali si potranno usare gli stessi esercizi, privilegiando compiti più semplici, tenendo conto della quasi costante presenza del dolore, ed enfatizzando gli aspetti percettivi e la respirazione. In questo tipo di patologie diventa particolarmente importante la possibilità di mettere in relazione i diversi tratti della colonna , differenziando compiti ed esercizi a livello sia segmentario che globale. In genere la seduta deve iniziare con il modo percettivo, il quale si prolunga al massimo per 15, 20 minuti. Non si potrà dare inizio al modo attivo se continuano a persistere gravi alterazioni percettive, forte ipertono o dolore, se persistono cioè i segni di una perdita qualitativa delle proprietà del sistema, perchè in questo modo nessuna ipotesi è fattibile né verificabile. Inoltre il sistema non esce da un’operatività semplificata: a questo punto l’esercizio attivo non costituirebbe altro che un rinforzo di quel tipo di modalità operativa.

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Per l’ elaborazione sono stati consultati i seguenti siti web:

-www.medline.it

-www.tecnobody.it

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