Il piede umano.
Numerosi sono i fattori, congeniti e acquisiti, che condizionano la salute del nostro piede: morfologia, stile di vita, squilibri posturali, irrigidimento dovuto all’età, patologie degenerative concomitanti, traumi accidentali o microtraumi continui. La MM può intervenire sia come terapia, sia come prevenzione e rieducazione, quando il dolore e/o la limitazione di movimento sono dovuti a una disfunzione. E’ importante che la diagnosi di disfunzione articolare sia corretta.
Il piede dell’Uomo moderno è il risultato di un processo evolutivo filogenetico durato milioni di anni. Evolvendo dall’ancestrale forma prensile all’attuale forma stabilizzatrice antigravitaria, il piede umano si è forgiato in valido strumento per il controllo di un ambiente sottoposto alla legge di gravità.
L’informazione genetica conferisce al piede umano la struttura anatomica di fondo. L’informazione ambientale, nel corso delle generazioni, ha guidato il processo evolutivo verso prerogative antigravitarie. Il fattore culturale (stili di vita, moda) interferisce però su tale evoluzione adattativa alterando l’informazione ambientale; creando, ad esempio, terreni e calzature inadeguati, possibile fonte di patologie. Il piede infatti, il nostro punto fisso al suolo, interfaccia costante tra il sistema tonico-posturale dell’equilibrio e l’ambiente, effettore e recettore, raccoglie informazioni e produce adattamenti. Questa sua essenziale funzione gli deve essere conservata.
È nella deambulazione soprattutto che il piede si rivela un capolavoro di biomeccanica. Muove in sequenza armonica di movimenti, in contrazione concentrica ed eccentrica, perché l’esigenza dell’adattamento costante a un suolo variabile e con ostacoli richiede, per il mantenimento dell’equilibrio, una calibrata e coordinata alternanza di prestazioni. Come dice R. Paparella Treccia, “La verità del moto specifico dell’Uomo è nascosta tra le spire di un’elica”
Le varie fasi del passo sono caratterizzate da un’alternanza di lassità e rigidità. Durante la fase di appoggio il piede si adatta alla superficie, rilasciandosi; poi s’irrigidisce, diventando una leva che respinge il suolo. La disposizione ad arco del piede è quindi apparente, variando in funzione del grado di avvolgimento dell’elica podalica. L’avvolgimento corrisponde all’accentuazione della disposizione ad arco e all’irrigidimento; lo svolgimento, con attenuazione dell’arco, al rilasciamento.
L’articolazione medio-tarsica è la sede di separazione tra retropiede e avampiede: qui converge il contrasto tra i due settori durante l’elicazione del piede. Sull’avampiede grava il doppio ruolo di adattatore (fase di rilasciamento) e di reattore (reazione al suolo), responsabile della spinta propulsiva. Per questa complessa dinamica è dunque essenziale una perfetta sinergia intersegmentale. Tutto ciò rende il piede particolarmente esposto, oltre che a patologia organica, a frequenti disfunzioni che ne inceppano i meccanismi.
Indicazioni al trattamento del piede in Medicina Manuale
Le articolazioni del piede presentano spesso limitazioni articolari dolorose anche in assenza di alterazioni anatomiche evidenziabili. Un tale reperto articolare è definito da Johan Mc Mennel “disfunzione articolare”; questa sarebbe legata alla perdita del “gioco articolare”, costituito da spostamenti e scivolamenti dei capi articolari durante i movimenti attivi e passivi. Dall’integrità e dalla buona funzionalità del gioco articolare dipende, secondo Mc Mennel, l’agevole e indolore compimento dei comuni movimenti volontari articolari.
Secondo G. Maitland la perdita di ampiezza dei “movimenti accessori” nelle diverse direzioni può spiegare perché un particolare movimento fisiologico attivo o passivo è divenuto limitato e/o doloroso.
Secondo R. Maigne, nella terapia manipolativa degli arti l’interesse deve concentrarsi sullo studio dei “movimenti involontari” di ogni singola articolazione; valutazione di particolare importanza in una struttura, come il piede, comprendente molte articolazioni che devono lavorare in armonia. Valga fra tutti un esempio. L’articolazione tibio-tarsica è formata dalle epifisi distali di tibia e perone che stringono il sottostante astragalo in una morsa. Sarebbero perciò consentiti solo movimenti di flessione plantare e dorsale sul piano sagittale. Sappiamo però che durante la fase di appoggio del cammino, all’interno dello spazio articolare distale tra tibia e perone, entra in gioco anche un minimo movimento verticale; piccolissimo ma importante nella dinamica del passo, soprattutto per la tensione che genera su alcuni muscoli, preparandoli alla contrazione automatica delle diverse fasi del cammino.
I vari Autori concordano quindi sull’importanza della semeiotica manuale nel riconoscimento di segni fisici precisi dei “disturbi dolorosi articolari minori” (DDAM, R. Maigne).
La diagnosi di DDAM giustifica il trattamento di Medicina Manuale, alla quale si giunge attraverso un esame obiettivo completo, nel rispetto delle indicazioni e controindicazioni.


Tecniche utilizzate.
– vere manipolazioni, similia quelle vertebrali, accompagnate o no dal classico schiocco
– trazioni ripetute, decoaptazioni, scivolamenti, ricerca dei movimenti accessori, ricupero del
gioco articolare
– mobilizzazioni sui vari piani.
– trattamento dei tessuti molli periarticolari
Il confine tra mobilizzazione e manipolazione è qui piuttosto labile. Queste manovre, per la maggior parte, non possono essere considerate vere manipolazioni, ma piuttosto mobilizzazioni passive e decoaptazioni. Si trattano anche i tessuti molli.
L’esame si basa innanzitutto sulla nozione di dolore provocato dal movimento passivo. Nel trattamento vale sempre la regola enunciata da R. Maigne del “non dolore” e del principio del “movimento contrario”. In presenza di forti limitazioni della mobilità e di una o due sole direzioni libere, si procede con mobilizzazioni progressivamente più ampie ed insistenti secondo queste stesse direzioni, valutandone l’efficacia prima di procedere alla manipolazione. Importante la ricerca dei “movimenti accessori” o “involontari” per risolvere casi di blocco. Particolarmente indicata la preparazione alla manipolazione, con la ricerca del “ballottamento articolare”, per mezzo di piccole trazioni ritmate, senza sforzo, fino alla completa decontrazione.

Fig.2. Manipolazione dell’articolazione medio-tarsica
Fig.3. Manipolazione del cuboide.
Paziente prona, coscia e gamba al di fuori del lettino. L’operatore si prepara qui a eseguire il “thrust”, simile allo schiocco di una frusta, imprimendo una flessione plantare forzata


Fig.4. Dettaglio del pollice sul cuboide
Fig.5. Manipolazione delle metatarsofalangee.

Rieducazione propriocettiva. E’ bene che ogni paziente sia avviato a un’autonoma rieducazione neuromotoria, attraverso esercizi e stili di vita adeguati, allo scopo di correggere la frequente alterazione della percezione corporea ed errori posturali.