GIURAMENTO DI IPPOCRATE

Son stato in pellegrinaggio “laico” a Kos dove è nato e ha insegnato il padre della medicina moderna, Ippocrate. Girando per le bancarelle ho ritrovato il testo del suo GIURAMENTO, giuramento che in versione “moderna” è quello che tutti noi abbiamo pronunciato il giorno della laurea.

Passeggiando sotto il platano ove la leggenda vuole IPPOCRATE insegnasse i principi scientifici ed etici dell’ars medica mi son venute spontanee tre considerazioni, una generale e due specifiche che voglio condividere con voi e che mi sembrano attinenti a questa epoca in cui la “scienza”  medica è sempre più affidata alla evidenza della statistica e, al contempo, sempre più i pazienti si affidano all’”arte” osteopatica.

LA CONSIDERAZIONE GENERALE:
Il Medico è l’unico professionista che conclude la carriera di studente e inizia quella professionale con un giuramento, quindi perpetua, più o meno consciamente, la sacralità della Medicina. Il giuramento ippocratico “moderno” ha un po’ dimenticato questa sacralità e infatti si distingue da quello classico soprattutto per la mancanza della chiusura ippocratica, chiusura che contiene una benedizione e una maledizione, a ribadire appunto l’importanza “sacra” ,in senso lato, del percorso che il neolaureato si accinge a intraprendere:

Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell’ arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario.

LE CONSIDERAZIONI SPECIFICHE:

1) tra le prime righe viene sottolineata l’importanza dei Maestri:

“Terrò chi mi ha insegnato quest’arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considerò i suoi figli come fratelli”

E’ di fatto la cosiddetta Medicina Basata sull’Eminenza, non da contrapporre a quella Basata sull’Evidenza, ma piuttosto il fondamento di ogni medico, fondamento  che gli consente poi di usare l’EBM per migliorare la propria professionalità piuttosto che essere usato dall’EBM per gli scopi non della professione ma di chi crede che la medicina sia un’attività produttiva che può essere guidata e amministrata secondo  le leggi del mercato, della politica e dell’economia.

2) A questo proposito cade a pennello un’altra massima di Ippocrate:

La Medicina è fatta di tre cose: la malattia, il malato, il Medico.

Ippocrate non menziona gli amministratori. Perché oggi la Sanità sembra una questione più amministrativa, legale, burocratica, economica che medica? Forse perchè noi medici abbiamo un po’ abdicato al nostro ruolo di “sacerdoti dell’ars medica”?

Torniamo ai Maestri. Tutti ne abbiamo avuto uno o anche più di uno. Che cosa ci hanno passato? Quello che nessuna statistica potrà mai quantificare, nessuna formula matematica potrà mai rendere evidente: l’occhio clinico, l’intuito, la capacità di essere empatici con  nostri malati senza mai essere commiserevoli, e, soprattutto il buon senso, la capacità di sapere quando fermarci, quando al contrario insistere, in entrambi i casi usando la nostra scienza e coscienza senza seguire supinamente le linee guida, le consensus conference, i p<0,001,….
I Maestri poi, possono insegnare a noi anche attraverso i loro allievi e per questo sono “patrimonio”  comune. Ricordo un episodio, ero un giovane chirurgo e come tale affascinato anche dalla rapidità di esecuzione degli interventi perché il mio Maestro era uno “velocissimo” (anche perché dopo la sala operatoria aveva lo studio! D’altra parte anche il Maestro è un uomo!). Un giorno operavo con un collega di poco più anziano e a un certo punto per interrompere la mia frenesia mi disse:

 Il mio Maestro mi ha insegnato che per operare più in fretta non bisogna muovere le mani più velocemente ma pensare più velocemente!!”

Fu una illuminazione. Non so se sia mai stato un buon chirurgo ma certamente da quel giorno sono stato un medico migliore, riscoprendo l’importanza (e la sacralità) del pensiero rispetto alla mera manualità.

3) Terza  ultima considerazione. Anche questa viene dalla lettura del testo antico e anche questa parte è stata emendata in quello “moderno”

“Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli e i figli del mio maestro, se lo chiederanno,  e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun altro”

Non c’è osteopatia o medicina alternativa, olistica, ayurvedica che regga il confronto con la Medicina Ippocratica. Noi giuriamo loro no e il nostro giuramento ci vincola a non condividere con altri se non con coloro ai quali siamo legati da vincoli di sangue e dallo stesso giuramento. Vuol dire che siamo una casta? Forse, e allora che male c’è a proteggere la nostra “sacralità”, sacralità, si badi bene che non è un privilegio ma un servizio. La massima ippocratica sulla medicina infatti si conclude  con:

Il Medico è servo dell’Arte

Buon servizio cari colleghi e che nostro Padre vegli su di noi e sulle nostre statistiche!

GIURAMENTO  di IPPOCRATE

Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni, che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scritto.

Terrò chi mi ha insegnato quest’ arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considerò i suoi figli come fratelli, e insegnerò loro quest’arte se vorranno apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti.

Trasmetterò i  precetti e gli insegnamenti orali e tutto ciò che ho appreso ai miei figli e ai figli del mio maestro e ai discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun altro.

Sceglierò la terapia dietetica  per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa.

Non somministrerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, né darò tale consiglio.

Conserverò pia e pura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di questa pratica.

In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi sia schiavi.

Tutto ciò ch’io vedrò e ascolterò nell’esercizio della mia professione, o anche al di fuori della professione nei miei contatti con gli uomini, e che non dev’essere riferito ad altri, lo tacerò considerandola cosa segreta.

Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell’ arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini.

Se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario.

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