Il dolore benigno di origine vertebrale, che proviene dalle articolazioni, dai dischi, dai legamenti e dai muscoli della colonna vertebrale, detto anche “comune” o non specifico”, quindi non dovuto a una lesione come nei tumori, fratture, malattie reumatiche, rappresenta tuttora un grandissimo problema diagnostico e terapeutico. Inoltre il dolore che nasce all’interno della colonna, può riflettersi e quindi comparire in tessuti lontani, con distribuzione quasi-metamerica negli arti, nel tronco, nella testa, ponendo a volte difficili problemi di diagnosi differenziale.
Se esaminiamo l’epidemiologia di questo dolore in tutti i Paesi del mondo, ci troviamo di fronte a cifre impressionanti: prevalenza dal 60% al 90% nel corso della vita, 50-60% nel corso di un anno nell’età adulta per il dolore lombare , poco meno per il dolore cervicale, meno per quello toracico, ma 35% di sciatalgie associate a lombalgia, senza contare le cefalee, i disturbi di equilibrio di origine vertebrale, i dolori toracici e degli arti che riconoscono una origine o una componente vertebrale e soprattutto un buon 10% di casi cronicizzati, quindi un enorme costo sociale ed economico.
Questo dolore non presenta aspetti radiologici propri, per cui in genere finisce ad essere addebitato a fenomeni degenerativi come l’artrosi o anche alla presenza di ernie discali che sono invece innocenti, come dimostra la presenza frequente di questi aspetti radiologici in pazienti da sempre asintomatici.
Attualmente studi più approfonditi hanno identificato la patogenesi di questi disturbi in una disfunzione, cioè un errato comportamento dei movimenti tra una vertebra e l’altra, per un errore del centro di controllo neuromotorio, sito nel sistema nervoso centrale, che gestisce in modo automatico i muscoli propri del rachide. La disfunzione può insorgere per traumi modesti e anche solo per movimenti incongrui.
Questa ipotesi, già ampiamente dimostrata nel rachide lombare dalla Scuola dell’Università di Brisbane ( Australia), spiega bene come questi dolori siano così variabili nel loro decorso e così diffusi.
Non conosciamo ancora perfettamente i meccanismi con i quali si instaurano, ma dal punto di vista clinico è importante comprendere che, a differenza di una lesione visibile nelle pur indispensabili immagini radiologiche, la disfunzione intervertebrale non è visibile ed è mutevole, può cambiare improvvisamente il quadro clinico, sia al rachide che nei tessuti “periferici”. Questo avviene in più del 90% dei casi di dolore di origine vertebrale e spiega perché con semplici manovre si possano ottenere risultati immediati.
La diagnosi quindi va posta con adatte manovre semeiologiche anche manuali, come manuali sono la maggior parte dei test classici, che possano farci comprendere in modo “topografico” la sede di origine del dolore presentato dal paziente nella colonna e la sua distribuzione riflessa in tutto il corpo.
Questa semeiotica è particolarmente importante se si debbano eseguire manipolazioni vertebrali o terapie locali sui punti dolorosi riflessi, ma del resto lo è per tutte le terapie, poiché può identificare i disturbi e monitorarli obiettivamente.
Negli anni sessanta alcuni medici, in diversi Paesi europei, hanno incominciato a porsi il problema di studiare più a fondo questi dolori e cercare modelli diagnostici e terapie più efficaci per risolverli e hanno trovato nelle manipolazioni vertebrali con impulso e nel trattamento locale, con infiltrazioni e altre tecniche, una vantaggiosa sia pur non totale soluzione del problema.
Questa nuova disciplina col nome di Medicina Manuale si è rapidamente diffusa, si sono costituite Società mediche nazionali e internazionali, si sono moltiplicati gli studi, i corsi e i congressi.
Una svolta fondamentale dal punto di vista scientifico e pratico di questa disciplina è dovuta a Robert Maigne, che ha messo a punto una semeiotica totalmente originale, indispensabile per riconoscere la disfunzione, ha classificato le terapie, ha descritto nuovi quadri clinici. Alla sua opera è ispirata la nostra attività clinica e scientifica.
In Italia un gruppo di medici fisiatri ha fondato nel 1967 una Sezione di Medicina Manuale all’interno della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) di cui il nostro gruppo fa parte attivamente dal 1974 e anche attualmente svolge funzioni direttive. Nel 1997 abbiamo costituito l’Accademia Italiana di Medicina Manuale (AIMM) che riuniva i medici che avevano frequentato i corsi universitari costituiti in Italia a partire dal 1995. Questa Società ora fa parte come Sezione di élite della Società Italiana di Medicina Vertebrale, che abbiamo fondato nel 2015.
Perché Medicina Vertebrale? La fondazione di questa nuova Società da parte del nostro gruppo obbedisce alla necessità di trasformare le esperienze, maturate in tanti anni nella Medicina Manuale, in una nuova disciplina con una visione più ampia, che faccia spazio ad altre nuove metodiche diagnostiche e terapeutiche conservative che stiamo sperimentando.
Non meno importante scopo è di far convergere l’interesse degli specialisti di varia origine, fisiatri, ortopedici, algologi, neurologi, medici dello sport, che si interessano al dolore di origine vertebrale, sulla diagnostica da noi a lungo sperimentata, poiché il dolore benigno riflesso di origine vertebrale può simulare disturbi di tipo lesivo di vari organi e come abbiamo detto, indurre in errori diagnostici: riteniamo sia necessaria una formazione specifica in questo campo, come completamento delle specialità.
L’auspicio è di un serio confronto e di una fattiva collaborazione tra tutti questi specialisti, nel tentativo di integrare e migliorare le conoscenze e i risultati, soprattutto per i casi clinici più gravi, nonchè di contenere la deriva culturale di pratiche terapeutiche senza basi scientifiche e di non accertata efficacia.